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Spilimberc citât dal mosaic

La storia di Spilimbergo

Spilimbergo

Spilimbergo, centro città

La storia di Spilimbergo inizia attorno all’XI secolo, quando i conti Spengenberg, originari della Carinzia, si trapiantarono nella zona in qualità di vassalli del patriarca di Aquileia. Dal castrum de Spengenberg, come fu detto il loro castello, derivò il nome del paese.

In verità la presenza umana ha origini ben più antiche. Nella frazione Gradisca, infatti, sono stati individuati i resti di un castelliere, mentre lo stesso castrum potrebbe risalire all’epoca romana: per di qui transitava una strada che, provenendo da Sacile, attraversava il Tagliamento per dirigersi poi verso la Germania.
Nei secoli ’successivi all’insediamento degli Spengenberg, Spilimbergo si sviluppò sia come piazzaforte militare, sia come centro di transito commerciale. Si assistette a una vistosa crescita demografica e urbanistica, grazie anche all’arrivo di “forestieri” come lombardi, toscani ed ebrei. Nel 1284, ad opera del conte Walterpertoldo II, si iniziò la costruzione del Duomo, uno dei più pregevoli monumenti romanico-gotici del Friuli; coevi sono il palazzo del Daziario, la casa del Capitano e la Loggia (attuale municipio).

Nel 1326, ’su iniziativa dei conti Bregonia e Bartolomeo, la giurisdizione di Spilimbergo si dotò addirittura di un proprio corpus legislativo lo “Statuto della Terra di Spilimbergo”. Nel 1420 la cittadina seguì le sorti della Patria del Friuli e passò alla Repubblica di Venezia.

La guerra della Lega di Cambrai colpì particolarmente la regione che fu teatro dello scontro tra le fazioni filoimperiali (Strumieri) e filoveneziane (Zamberlani). Nel 1511 il castello venne attaccato e incendiato.
Nonostante tutto, negli anni ’successivi Spilimbergo proseguì il ’suo periodo di prosperità economica che si rifletté anche a livello culturale. Di questo periodo sono la ricostruzione del castello in forme rinascimentali e le opere lasciate da insigni artisti quali Giovanni Antonio Pilacorte, il Pordenone, Pomponio Amalteo, Gasparo Narvesa e Irene di Spilimbergo. In campo letterario si distinsero Gian Domenico Cancianini, Eusebio Stella e Bernadino Partenio, quest’ultimo fond’atore di un’accademia per lo studio del latino, del greco e dell’ebraico. Notevole il contributo trasmesso da alcune dinamiche casate di estrazione borghese come i Balzaro, i Monaco, gli Stella, i Cisternini, i Fannio e i Santorini. 

Dopo la caduta della Repubblica di Venezia (1797) anche Spilimbergo attraversò i convulsi eventi dell’epoca napoleonica approdando poi nell’Impero austriaco a partire dal 1814. Alcuni ’suoi cittadini si distinsero nei moti del 1848, in particolare Giovanni Battista Cavedalis e Leonardo Andervolti, ma solo dopo la terza guerra d’indipendenza (1866) il Friuli entrò a far parte del Regno d’Italia.

Spilimbergo fu tra i comuni maggiormente colpiti dal terremoto del Friuli del 1976: il paese pianse una vittima e vide la devastazione del ’suo patrimonio storico-artistico. La ricostruzione degli anni ’successivi portò alla rinascita della città.

 

La città del mosaico

Scuola del Mosaico Spilimbergo

Scuola del Mosaico Spilimbergo

Negli anni recenti non è venuta meno la tradizione artistica della città con la fondazione avvenuta nel 1922 della Scuola Mosaicisti del Friuli, intitolata a Irene di Spilmbergo e ormai nota a livello internazionale.
La Scuola raccoglie la tradizione dei mosaicisti e dei terrazzieri della pedemontana friulana che dal Cinquecento in poi hanno tracciato nel mondo le vie del mosaico con le loro significative realizzazioni musive: dalla Library of Congress di Washington ai lavori musivi del War Memorial di Canberra, agli interventi dell’Opera di Parigi, dovuti – questi ultimi – a Gian Domenico Facchina, mosaicista e imprenditore di Sequals (Pordenone), che ha messo a punto la tecnica musiva a rovescio ’su carta.

Oggi la Scuola Mosaicisti è – come alle origini – una scuola professionale dove si insegnano le tecniche musive romana, bizantina e moderna, ma sperimenta anche soluzioni estetiche e funzionali applicate alla contemporaneità, stimolando la ricerca, la creatività e la partecipazione personale.

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