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News

23
MAG
2015

Folkest scaccia crisi: Hevia, Branduardi e gli Uriah Heep

Intervista di Nicola Cossar ad Andrea Del Favero:

Da dove ricomincia Folkest? Dalla trentasettesima edizione. Ogni anno ci rimettiamo in gioco e ripartiamo. Venite a Folkest, poi giudicherete, non è un festival che possa essere giudicato a tavolino, va vissuto.
La formula itinerante (di successo) non cambia e non cambia il rapporto con il territorio, Capodistria compresa, vero? Quando, con giovanile incoscienza, inventammo nel 1980 questa formula del “non obbligare la gente ad andare a un evento culturale, ma portare l’evento culturale dove c’è la gente”, aprimmo una strada nuova che ormai viene battuta a tutti i livelli. Bene, avevamo visto giusto! Cercando, ovviamente, di rinnovarci nel solco della tradizione.
Pare che, al di là della culla di Spilimbergo, stiate scommettendo anche sulla Carnia… Tolmezzo negli ultime anni, grazie a un lavoro approfondito in collaborazione con la Nuova pro Loco Tolmezzo e l’Amministrazione Comunale, è diventata una piazza dove si susseguono le proposte di qualità e si è creato un pubblico molto attento. Ma ci sono altre realtà che stanno crescendo e dalle quali in breve usciranno proposte molto creative, ne sono convinto.

Scorrendo i nomi delle prime anticipazioni, troviamo Finardi, Zitello, Branduardi, grandi italiani…
Sono artisti che hanno sempre ricercato la qualità nei loro spettacoli, segnando e precorrendo sentieri di conoscenza sonora: pensiamo ai grandi primi album di Branduardi, alla Musica Ribelle, ai suoni modernissimi delle arpe di Zitello. Si tratta di grandi artisti che, come tali, hanno saputo e sanno raccontare il meglio della musica italiana sapendo tuttavia anche tenersi in contatto con i suoni e le innovazioni d’Oltralpe.

E poi c’è il non-musicista Neri Marcorè….
Ancora una dimostrazione di qualità della musica italiana. Neri è stata una scommessa di Folkest tre anni fa: lui dice che gli abbiamo portato fortuna, tenendo a battesimo “Le mie canzono altrui”. Nel frattempo è cresciuto come interprete, questo nuovo spettacolo lo vedrà molto “nella parte”, grazie anche agli splendidi musicisti che lo circondavo e assecondano, sotto l’attenta e discreta guida di Edoardo De Angelis. E inoltre la serata al castello di Udine diventerà una produzione televisiva grazie alla Rai del Friuli Venezia Giulia, per la regia di Claudia Brugnetta, e verrà messa in onda su RAI1 nazionale. Il che significa il punto promozionale più alto possibile che si possa toccare sui mezzi televisivi.

Ritorna Hevia, folk-pop di successo. Che rapporto c’è oggi tra la musica delle radici e il business: sono conciliabili o no?
Il successo pop di Hevia, peraltro legato a uno spot pubblicitario di una marca automobilistica, lo aveva collocato in un ambito che gli andava molto stretto. Jose Angel non si è mai sentito una pop-star: è un musicista e un ricercatore, ha sviluppato un ottimo sistema per la cornamusa elettronica, è una persona di spessore, un autore che lascerà una traccia profonda nella cultura delle Asturie e nel mondo della cornamusa nel mondo.
Nel mondo d’oggi devi comunque relazionarti con una parte commerciale del tuo “fare musica”, altrimenti non vendi biglietti e non reggi. Non sono però convinto che la strada sia quella della contaminazione con il pop, soprattutto quello dei talent show.

Fra tanti nomi noti, Folkest è sempre molto attento alle proposte giovani del pianeta folk. Cosa ci riserva quest’anno?
L’elenco è davvero lungo: partirei dai Goitse, all ireland young champions dello scorso anno, il Duo Bottasso e poi Folkestra e Folkoro Bricherasio dalle valli occitane del Piemonte, Manuel Savron e Rok Kleva, due giovanissimi talenti della vicina Istria, che suonano armonica diatonica e violino e hanno incantato la giuria a Castelfidardo lo scorso mese di settembre. Senza dimenticare tutti i gruppi che escono dal concorso Suonare@Folkest: venerdì sera si sarà la conclusione al Teatro Miotto e poi avremo modo di parlare anche di tutti loro.

C’è poi una coda-hard rock incredibile: gli Uriah Heep….
Progressive-balladers li chiama qualcuno… Sono venuti due sole altre volte in regione: nei primissimi anni Ottanta e a metà degli anni Novanta. Li rincorrevamo da un po’, sono uno dei gruppi che abbiamo sempre ammirato per la grande tenacia e la capacità di mantenere intatta la propria originalità compositiva negli anni.

Folkest ai tempi della crisi. Finora avete reagito bene al vento contrario. E’ cambiato qualcosa? Magari in meglio?
Siamo vivi e pieni di buoni propositi per il futuro, questo sì. Cambiamenti? Se guardo i talent show sicuramente in peggio, se guardo Suonare@Folkest, vedo le produzioni che passano nello studio di Stefano Amerio, per esempio; guardo alcuni storici musicisti del folk italiano ridare vita allo storica spettacolo Bella Ciao!… beh… c’è speranza, c’è speranza!

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